giovedì 31 maggio 2012

Surfista

Credevo di averlo superato ed invece no: i finti profondi mi urtano profondamente, ne ho avuto l’ennesima controprova.
L’animaletto in questione l’ho conosciuto grazie allo shopping tradizionale. 41 anni, presenza piacevole, commerciale, surfista.  Al telefono simpatico e dinamico, spigliato e con la battuta pronta. Lo incontro. Look da uomo alternativo – per affascinare dovrebbe essere supportato da una forte personalità, che gli manca decisamente – capello riccio e un po’ lungo con qualche filo grigio, leggermente dinoccolato. Due particolari mi lasciano da subito perplessa: unghie sporche e totale assenza di profumo di fresco e pulito. Momentaneamente accantono e vado oltre.
Gelato e passeggiata. Si lancia in dissertazioni esistenziali costruite sulle sabbie mobili, a grattare la superficie si scorge il vuoto. Inizio poi a cogliere un’infinità di tic nervosi (non ce la posso fare) e di ansie latenti: troppa gente, troppo rumore. Probabilmente tutte scuse per arrivare a chiedermi di salire, “così stiamo tranquilli e ti faccio un massaggio”. Certo, magari mettiamo anche la lavatrice. Al mio diniego, ormai i campanelli d’allarme stanno facendo un concerto, si irrigidisce e comincia a leggermi la vita. Bisogna assecondare i propri desideri, dice, non frenarsi. Riuscire a spiegargli che è esattamente quello che sto facendo e che semplicemente non ho nessuna voglia di averlo in casa è dura.

mercoledì 30 maggio 2012

Sì e no

E’ difficile, ci sono voluti anni per rieducare me stessa e tutt’oggi non sempre mi riesce. Dire sì quando è sì e dire no quando è no è una delle imprese più difficili da affrontare.
Ci hanno educate – soprattutto noi femminucce, bisogna ammetterlo – con l’abuso del condizionale. Siamo cresciute pensando a quello che dovremmo o non dovremmo fare, pensare, dire. Di solito sulla base di regole inutili ed infiniti moralismi. Ad un certo punto mi sono resa conto che non solo non sapevo chi ero, ma non avevo la minima idea di ciò che volevo veramente per me stessa. Le mie scelte erano spesso dettate da ciò che mi sentivo in dovere di essere e non da quello che veramente desideravo, perché non ne avevo la minima idea. E’ stata una lunga ricerca, a volte è anche più semplice abbandonarsi al sentire comune che vivere la propria vita. E’ stato un percorso che mi ha portata a scoprire lati di me inaspettati. Ammetto che qualche volta cado ancora nell’errore ma me ne rendo conto quasi subito.
Ciò che trovo molto divertente è quanto le persone rimangano spiazzate. In una realtà in cui la maggior parte dei no significa sì e viceversa, la coerenza tra parola e pensiero destabilizza.  

martedì 29 maggio 2012

Sono contenta

E’ arrivata la mia primavera, sto con molta calma ma inesorabilmente ritrovandomi e riconoscendomi.
Sono contenta perché sono di nuovo io. Quella di prima e molto di più. Gli ormoni stanno riprendendo a saltellare e mi danno una bella scarica di adrenalina. Sono contenta perché sono cresciuta. Riesco a vivere con sempre più consapevolezza e con infinita maggiore libertà la mia vita. Non mi preoccupo più di essere o di far sembrare quello che non sono, di accontentare il prossimo, di immaginare cosa potrebbe desiderare l’altro per adeguarmi a quell’immagine. Non sono più mediata ma immediata.
Quando si sta bene si torna a vivere. Quando le cose funzionano in modo naturale, senza forzature, ed i momenti sono belli, l’aria è più leggera. Ed io sono libera. Di fare ed essere solo ciò che desidero.
Sono pronta per fare nuovi danni, ma divertendomi immensamente di più mentre li faccio.

venerdì 25 maggio 2012

Il mattoncino d'oro

Questa volta lo speed date ha dato risultati imprevisti. L’offerta era come sempre esigua ma tra gli animaletti ne è spuntato uno che ho immediatamente riconosciuto: il mattoncino d’oro. Il soprannome non è di mia invenzione, ma gli fu attribuito da un comune amico diverso tempo fa e gli si adatta alla perfezione. Pseudoimmobiliarista, si presentava già una decina di anni fa con improbabili giacche blu da lupo di mare, millantando improbabili conoscenze ed una mirabolante vita sociale. Parlava, parlava, parlava. Occhio da pesce stantio, alto un metro ed un paio di ciliegie, dialogo noioso e ridondante. Pareva ad un certo punto avesse incontrato la sua principessa rosa e che vivessero in un castello incantato. Ho dedotto che sia fuggita, che si sia risvegliata dall’incantesimo? Lui non è cambiato per nulla, barboso e pesante esattamente come allora, solo più vecchio, triste e ridicolo.
Ops… mi sono dimenticata di lasciargli il numero…

giovedì 24 maggio 2012

Toy boy

E’ un bimbo ed è caruccio. Molto. Non alto, ben proporzionato, con muscoletto guizzante dato dalla fatica e non dalla palestra. Livello culturale di un coyote nel deserto. Distribuisce accenti e apostrofi in ordine sparso, con i tempi verbali ha un rapporto conflittuale. Eppure molto simpatico, dalla battuta pronta, con quella sfrontatezza tipica del maschio giovane, è nell’età in cui crede ancora di potere tutto.
Quando ci siamo conosciuti, un caso questa volta, ho iniziato a trattarlo da sorella maggiore, non mi ha neanche sfiorata l’idea di considerarlo in altro modo. A lui si. Sono sei mesi che ci prova. Io comprendo che le collezioni vanno arricchite di elementi rari e che gallina vecchia faccia sempre buon brodo, ma la cosa mi lascia molto perplessa. Ammetto di essere tentata, parecchio. E rido di me stessa, devono essere i primi segni della senilità incombente. Ora però che faccio?

martedì 22 maggio 2012

Gnomo biondo

Quando mi dissero che era nato saltellai di felicità, non sapevo neppure io perché, ancora troppo piccola per essere consapevole. Ricordo perfettamente la prima volta che lo vidi, un microscopico esserino con troppa pelle, faceva grinze ovunque. Fu amore immediato.
Gli anni si sono rincorsi, è diventato grande. Se ripenso al passato mi appaiono sue immagini che da vivace gnomo biondo lo trasformano nell’uomo di oggi. C'è sempre stata troppa differenza d’età per poter litigare e l’istinto materno ha giocato a suo favore. Ho provato a dare a lui la sicurezza in se stesso che a me non avevano dato. Volevo che fosse migliore di me. Volevo che si sentisse forte. Volevo che fosse più felice di me. Non so se ci sono riuscita.
L’ho difeso, vezzeggiato, consolato, appoggiato, viziato, a volte forse troppo. Ma con lui non riesco ad avere una visione obiettiva. Nonostante ci abbia provato non sempre sono riuscita a proteggerlo dalle ferite della vita, il mio scudo a volte non è bastato. Ho raccolto qualche coccio, l’ho aiutato a rialzarsi e a spiccare nuovamente il volo. Amare significa anche lasciar andare per la propria strada. Gli anni passano eppure per me non cambia nulla, io rimango la sorella grande e lui il fratello piccolo.

sabato 19 maggio 2012

Cucciole

Amore. Tesoro. Pulcino. Luce mia. Principessa. Cucciola… La collezione è infinita. I nomignoli che gli uomini riescono ad inventarsi nei momenti di grazia sono degni dei romanzi Harmony. E noi, inguaribili romantiche, ci sentiamo coccolate e vezzeggiate.
Attenzione però, l’attribuzione di un appellativo generico risolve il problema del riconoscimento. Se il pischello di turno chiama tesoro tutte le donne con cui esce avrà risolto un grosso problema, non dovrà ricordarsi se sta parlando con Maria piuttosto che Paola, uscendone sempre da gran brillante. Lo si riconosce in fretta, lo fa dalla seconda telefonata e noi, momentaneamente incapaci di intendere e di volere, lo interpretiamo come segno di evidente coinvolgimento. A discolpa maschile si può dire che qualche ragione ce l’hanno per tutelarsi. Se ci chiamano con un altro nome, peggio che mai con quello di una ex, è un errore imperdonabile, ci gireranno vorticosamente le palle e gliela faremo scontare per mesi e mesi.
Per me il nomignolo è una cartina tornasole di estrema efficacia per valutare quanto me ne possa importare dell’animaletto in questione. Sono – appena appena leggermente – fuori tempo massimo per essere definita cucciola, ma se l’elemento è interessante riesco a non farmi venire l’orticaria. Il problema è quando il lui cade in disgrazia, anche il banale “tesoro” provoca un moto istintivo di rifiuto e, se è stato stronzo, anche una leggera nausea. Per favore, fammi la cortesia, non chiamarmi proprio.

giovedì 17 maggio 2012

Occorre rallentare

Quante persone sono a tal punto prese dalla sopravvivenza da dimenticare se stesse. Quante coppie si perdono in quel complesso meccanismo che condiziona la quotidianità della maggior parte di noi adulti. Siamo così concentrati ad arrivare alla fine delle giornate da non avere il tempo di fermarci e pensare. Lavoro, impegni, famiglia, figli, obbligano a complesse dinamiche logistiche che assorbono le energie. Si ha bisogno di talmente tanto impegno per riuscire a fare tutto che diventa impossibile pensare a null'altro. Alla sera si arriva stremati, si fa finta di chiacchierare per poi svenire sul divano. Passano i giorni, i mesi, gli anni senza mai riflettere se la persona con cui si è sia veramente quella che si desidera. Se talvolta questo pensiero fa capolino tra i mille altri viene immediatamente surclassato da problemi più urgenti o che si ritengono più importanti.
I problemi vengono a galla quando per puro caso ci si ferma o anche solo si rallenta. Scoppiano le incomprensioni, i malumori, le discussioni, i litigi. Ed allora qualcuno dice: ecco, non capisco, ora che le cose andavano bene ce la prendiamo per delle sciocchezze. Forse perché non sono cose di così poca importanza, l’oggettività dell’inezia si scontra con la soggettività di chi la sta vivendo. Il disaccordo sul particolare che pare futile è spesso sintomo di un malessere ben più profondo. Impegnati a sopravvivere, a vivere a rotta di collo, ci si è dimenticati dei bisogni dell'anima. Gli unici che danno un motivo per vivere veramente quest'esistenza.

mercoledì 16 maggio 2012

Sono stanca

Bisognerebbe usare le parole con parsimonia. Perché le parole hanno un peso specifico estremamente alto, nella nostra vita e in quella degli altri. Ciò che si dice comporta delle conseguenze di cui tenere conto. Quasi nessuno lo fa. Ed io mi sono stufata.
Sono stanca di persone che parlano per dare aria alla bocca, che non riflettono prima di dire, che non tengono conto del male che fanno. Sono nauseata da chi inganna, con o senza dolo. Siamo essere pensanti, ci è data la possibilità di valutare. Il "non l'ho fatto apposta" non può essere un alibi che tutto giustifica.
Sono disgustata dalla quantità di codardi che ho incontrato nella mia esistenza. Individui che non hanno il minimo coraggio, che scelgono sempre la via più semplice, che rinnegano se stessi, che dimenticano.
Sono profondamente disillusa, neanche cinica, solo amareggiata. Perché non ci credo più nella possibilità di essere stupita. Ogni tanto vorrei sbagliarmi. Non ho più voglia di “andare a vedere”, dietro c’è sempre un bluff. Avrei voluto vita e sentimenti puliti. Ho trovato troppo vuoto, troppe finzioni e troppi inganni.
Sono stanca.

martedì 15 maggio 2012

Frantumazioni

Superata una certa età dovrebbe essere posto un limite di legge al frantumare le palle al prossimo. Una peculiarità squisitamente femminile. Gli uomini lo fanno meno, non so se sia perché soffrono meno – tendono di solito a due semplici dimensioni – o perché hanno margini di recupero e distrazione più ampi. Le donne vivono invece con una sorta di aspirazione alla sofferenza, pare che si ami molto solo se si soffre molto. Hanno la straordinaria capacità di impelagarsi in relazioni sentimentali che sanno essere a priori cause perse, nonostante ciò non solo vi si buttano a capofitto, ma perseverano nell’errore anche quando lo stronzo di turno va e viene a proprio comodo. Loro stanno lì ed attendono, Penelopi dei giorni nostri. Le migliori sono stoiche e hanno il buon gusto di macerarsi in silenzio, dando sporadiche notizie telegrafiche alle amiche più vicine. La maggior parte è all’opposto portata a condividere ogni più piccolo passaggio del dramma. Peccato che questo si ripeta ciclicamente identico innumerevoli volte. Loro ogni volta si dimenticano di tutte le precedenti e devono assolutamente comunicarti che come loro non ha mai sofferto nessuno. Basta, vi prego.

lunedì 14 maggio 2012

Nato sotto il segno dei bastardi

Ho fatto di tutto per non farlo diventare uno stronzo. Alla fine però ho dovuto arrendermi all'evidenza, lo è di suo.
Non mi piace che i rapporti finiscano con acredine, la trovo un inutile perdita di energie. Mi adopero perché, nonostante si decida di proseguire su strade diverse, rimanga una traccia indelebile del bello che c'è stato. Tanto più con le persone che più ho ritenuto speciali nella mia esistenza.
Lui ha lasciato un segno particolarmente significativo e quando si è allontanato ho rispettato tempi e decisioni per non snaturare gli splendidi ricordi e il rispetto nei suoi riguardi. Peccato che poi abbia dovuto prendere atto che quelle che io credevo attenzioni alla mia persona ed una medesima predisposizione alla salvaguardia del "noi" trascorso, erano in realtà indice di un assoluto menefreghismo. Come per tanti altri i loro problemi, esigenze, difficoltà sono prioritari rispetto a chiunque. Non importa se così facendo si fanno danni, il mondo gira intorno a loro. Ciò che più mi scoccia è che sia riuscito a sporcare ciò che era stato così differente. Si può essere bastardi ma bisognerebbe avere eleganza nell'esserlo, fino alla fine.
Prima ero triste, ora sono arrabbiata. E la rabbia serve a reagire, è un buon segno.

sabato 12 maggio 2012

Un'avventura

Mi sono innamorata di lui una sera d’autunno. Nella penombra di un terrazzo il suo sorriso e l’aria da simpatico bastardo mi conquistarono in un momento. Lo volevo a tutti i costi ed impiegai parecchi mesi per conquistarlo. Sapevo che era un pessimo elemento ed avrebbe dovuto essere solo un’avventura.
Lui aveva una situazione famigliare in corso e pregressa molto complicata, ma io non vi diedi peso perché pensavo che tutto sarebbe finito nel giro di qualche settimana. Invece ci imbarcammo in una relazione folle. In due anni è successo di tutto. Ho accettato per amore situazioni inenarrabili. Ho aspettato. Lui dichiarava un grande amore e prometteva, era così bravo con le parole. Non penso ci fosse dolo o che abbia voluto farmi volontariamente male o fregarmi. Quando faceva certe affermazioni ci credeva lui per primo. Semplicemente, nonostante non fosse più da un pezzo un ragazzino, non era in grado di avere una visione lucida o di scegliere. La vita ha sempre scelto per lui, lo fa ancora oggi.
Dal canto mio non volevo ammettere con me stessa di essermi sbagliata così tanto. Non accettavo di aver buttato via tutto quel tempo per nulla e, nell’attesa di un noi futuro che non è mai arrivato, continuavo a buttarne. Come sempre mi è accaduto, la vita mi ha dato le risposte e mi ha fatto aprire gli occhi. Ci sono voluti anni per guarire e per perdonarlo.
Doveva essere un’avventura.

venerdì 11 maggio 2012

Ciao creatura

Oggi.
Un saluto a chi poteva essere e non è stato.
Un pensiero al dolore straziante provato e che non riesco a cancellare.
Passano gli anni e non dimentico, non credo potrò mai. Tante volte mi sono domandata come sarebbero andate le cose se avessi fatto una scelta diversa. Ma mai, neanche per un istante, mi sono pentita di quella fatta. Diversamente non avrebbe potuto essere, non sarei stata io e non sarebbe stato giusto per lui o per lei. A volte mi chiedo se ho rinunciato alla mia unica occasione. Mi rispondo che se il destino vorrà farà sì che ce ne sia un’altra e, se non sarà, è perché così doveva andare. Ricordo ogni istante di quel giorno e di quelli precedenti, è scolpito nella memoria, come se fosse accaduto ieri. Ricordo la lucidità, la forza e la consapevolezza con cui ho affrontato tutto. Ricordo il male dentro. E’ stato lungo e difficile far rimarginare la ferita che mi attraversava l’anima, la cicatrice si sente ancora.
La vita va avanti.
Ciao creatura.

giovedì 10 maggio 2012

Da Perugia con furore

Belloccio, usava l’italiano in modo quasi decente, scambiammo qualche parola in chat alcuni mesi fa. Lui però abitava a Perugia e quasi subito abbandonò il campo dicendo che la distanza era troppa.
Un po’ di tempo dopo ritorna alla carica ritrattando le sue posizioni. Pazzesco come i km diminuiscano a comando. Qualche chiacchiera on line fino a sentirci al telefono, la conversazione dopo un inizio tentennante sembra quasi interessante. Il ragazzo fa il brillante, racconta di viaggi in giro per il mondo, ma il sospetto del bluff persiste. Ipotizziamo di vederci a Bologna una delle domeniche successive. Pare propositivo. Il giorno dopo ci scambiamo un paio di messaggi parecchio insignificanti. Ha la vivacità di un’alga, il mio scazzo è alle porte. “Se vuoi stasera ti chiamo” mi dice. Me lo devi chiedere?? Tant’è, telefona ed è una noia mortale, la conversazione langue.  
Un paio di giorni dopo mi scrive “Buongiorno sei sparita?”. Rispondo “Buongiorno a te! …potrei dirti lo stesso…” e lui “Beh io venerdì ti ho chiamato poi mi aspettavo una chiamata da parte tua…”. Tesoro bello, non so in quale mondo tu viva, ma se hai piacere di sentire una persona la chiami. Direi che per i giochini, chiamo io – chiami tu, siamo un po’ grandini. E poi onestamente non avevo proprio nulla da dirti per farmi venire voglia di chiamarti, forse neanche tu. Non gli scrivo nulla perché trovo superfluo spiegare ciò che già dovrebbe sapere. Tre giorni dopo mi bombarda di telefonate. Tutte ovviamente a vuoto. Mi auguro si sia fatto delle domande e dato delle risposte e che soprattutto mi eviti sms a sproposito.
Uff… che barba.

mercoledì 9 maggio 2012

Assemblea di condominio

Ho partecipato alla mia prima riunione di condominio. Sono momenti che lasciano un segno. Ho avuto la netta percezione di come in tanti abbiano lingua e cervello completamente scollegati. O forse Amilcare e Adalgisa li hanno abbandonati per sempre. Quelli che capiscono di meno, una beneamata cippa di niente, sono quelli che si infervorano ed urlano di più. Ovvio che quello che dicono è chiaro solo a loro.
Entrando nella Parrocchia – la location era fantastica – mi  sono domandata se fuori fosse pronta un’unità di pronto intervento, l’età media si aggirava intorno ai 70 anni. I più deficienti però erano due “giovani”. La signora Fumaroli, che per nome ed aspetto sembrava appena uscita da un film di Fantozzi, si è lanciata in dissertazioni senza capo ne coda citando il Codice Civile, forse così si sentiva più saggia. Ha detto le peggio cose ma non ha voluto che il suo nome fosse citato a verbale, sia mai che potessero rimanere ai posteri le sue parole, si rischiava ancora di doverle chiedere i diritti d’autore. Il signor Casati era il suo degno contraltare, tuttologo onnisciente contro tutto e tutti, il cui tono di voce più basso era comunque più alto di quello di chiunque altro. Fermo assertore del “cercano tutti di fregarmi”, è riuscito a scagliarsi contro tutti, non ascoltando naturalmente neanche mezza risposta.
Credo di essermi fatta due nuovi nemici. Ciò che loro non sanno è che mi sono divertita come una pazza ed ora che ho preso loro le misure non hanno idea a cosa vanno incontro.

martedì 8 maggio 2012

Terrazzo terapia

Diversi anni fa avevo una conoscente che viveva in un appartamento con un bellissimo terrazzo, grande e con tantissime piante. Un giorno, chiacchierando, osservai quanto impegno dovesse comportare mantenerlo ordinato e pulito; lei mi rispose che era la sua terapia personale contro lo stress, non per il goderne ma proprio per la sua manutenzione. Alla fine di una giornata difficile, arrivava a casa, si infilava gli stivali di gomma e armata di acqua, spazzolone e olio di gomito sfogava le proprie negatività.
Subito non le credetti, allora non avevo una casa mia. Aveva ragione, l’ho sperimentato negli anni, le pulizie purificano. E’ riscontrato come nei momenti di difficoltà dedicarmi ai lavori manuali faticosi, alle grandi pulizie domestiche, a potare e rinvasare piante, mi rinfranchi. Catartico. Quasi che mettendo ordine e rendendo linda la casa, coccolando i fiori, facessi lo stesso con la mia anima. Alla fine quando tutto splende e profuma di pulito, i problemi sembrano meno angoscianti ed il mio spirito torna ad essere colorato come le mie amate orchidee.

sabato 5 maggio 2012

Effetti ottici

Non c’è limite al peggio. E’ incredibile come ci siano ancora persone che riescono a stupirmi. In negativo. Di stupidi, stronzi e superficiali ne ho incontrati tanti ed ho una sorta di antenna satellitare per riconoscerli. Ogni tanto però non funziona e qualche emerito deficiente riesce a sfiorarmi.
I peggiori sono quelli che sembrano intelligenti e profondi, dotati di un’inaspettata terza dimensione. Un effetto ottico. Perché quando con il passare del tempo li osservi meglio ti rendi conto che la loro bidimensionalità li imprigiona in un unico organo posto nelle parti basse. E’ ovvio che quindi, in virtù di ciò, il loro unico interesse sia la corresponsione e soddisfazione nell’analoga collocazione femminile.
Dal momento che l’unico tuo interesse è trombarmi, evita di fracassarmi i marroni con le tue filosofie esistenziali. Quando il tuo gioco viene scoperto abbi il gusto di ritirarti in buon ordine, rosicando in silenzio, senza fare la parte dell’offeso nella sua integrità morale.
Ciò che più mi urta in me stessa è la mia incapacità di reazioni tempestose ed immediate che mi darebbero maggiori soddisfazioni. Anziché parole diplomatiche sarebbero necessarie comunicazioni brevi ed efficaci. Un bel “fottiti” racchiude una pregnanza di senso difficilmente eguagliabile.

venerdì 4 maggio 2012

Basta un ciao

Le storie iniziano e finiscono. Talvolta in un’istante. Le motivazioni sono spesso irrazionali e non esplicabili. I sentimenti si esauriscono e non necessariamente ci sono dei perché o delle colpe. Sovente accade solo ad una delle due parti in gioco e l’altra nulla può fare per sovvertire la fine. Sarebbe carino però dire qualcosa. Un ciao è sufficiente. Ma il silenzio improvviso, sparire dall’oggi al domani senza un saluto o una parola, continuo a non comprenderli. Un addio, per quanto doloroso e inspiegato, è più facile da elaborare di un vuoto inatteso. Il vuoto lascia una sospensione aperta a cui è molto più complicato porre un punto definitivo da cui poter svoltare pagina. Vorresti andare avanti ma continui ad avere il dubbio, e soprattutto la speranza, di aver capito male.  Ti domandi che cosa ti sia sfuggito, cosa non hai compreso, cosa possa impedire all’altro un qualsiasi cenno di vita. La creatività crea delle giustificazioni paradossali al nulla perdurante. Continui ad attendere mentre i giorni scorrono e la parte razionale di te ti ricorda quanto sei deficiente a non arrenderti all’evidenza. I tagli netti sono dolorosi ma sono molto meglio dei silenzi. Se ce ne vogliamo andare basta dirlo: ciao, è finita. Dovremmo rispettare la vita delle persone a cui abbiamo voluto bene, fosse anche solo per un giorno.

giovedì 3 maggio 2012

Il mestiere più antico

Ho seriamente pensato di dedicarmi al mestiere più antico del mondo. Non come occupazione principale ma come valida integrazione. Arrotondare fa comodo, in tempi di crisi e ristrettezze come questi gioverebbe non poco.
Ho cercato di capire con un’attenta analisi di mercato in quale contesto mi sarei dovuta inserire. L’approccio pragmatico da sempre ottimi risultati. Ho valutato con attenzione non solo l’offerta ma anche il target di clientela. Se il mestiere più antico del mondo non passa di moda, continuando non solo ad essere attuale ma molto redditizio, i motivi ci sono. Il proliferare e diversificarsi dell’offerta infatti non satura il mercato, piuttosto è come se stimolasse il riprodursi della richiesta. Inserirsi in una delle tante nicchie di mercato non era per nulla difficile, anzi. Eppure alla fine ho deciso di non farlo. Non per pruriginosi moralismi. Neanche per questioni logistiche, tutto è organizzabile. Piuttosto è stata un’altra riflessione. Voglio che continui a piacermi farlo.  E qualsiasi cosa ci piaccia fare nel momento in cui diventa un obbligo, diventa irrimediabilmente meno divertente. Potevo giocarmi uno dei pochissimi divertimenti che mamma natura mi ha regalato?

mercoledì 2 maggio 2012

Rarità

Le persone buone esistono. Sono rare come pietre preziose. Quelle vere hanno lo spirito limpido e pulito. Nonostante lo scorrere impetuoso della vita continuano ad essere anime pure. Ciò non significa che siano perfette o che non commettano errori ma la loro anima è così bella da farsi perdonare gli sbagli ed i difetti. Posso contare sulla dita di una mano, senza neanche esaurirle, le poche che ho avuto la fortuna di incontrare. Una delle più speciali è una creatura straordinaria, rende migliore la mia esistenza. Senza di lui sarebbe tutto più grigio. Il migliore degli amici, una famiglia acquisita, l'unico abbraccio sempre disponibile. Ogni tanto dimentico quanto in realtà io sia stata fortunata nella mia vita. Cado nell'imperdonabile errore di pensare a ciò che manca piuttosto che godere del bello.