Il fotografo che mi ritrasse aveva scelto tre generi di abbigliamento molto diversi, che diedero un tono differente ad ogni gruppo di immagini. Un morbido maglione d’angora rosa, un abito da sera e una manton di seta nera dalle lunghe frange. Le fotografie erano splendide e a tutti quelli che le guardarono chiesi quali preferissero. Si divisero quasi equamente. Approfondendo i motivi che li avevano portati a sceglierne alcune piuttosto che altre mi resi conto che avevano prediletto la tipologia che più rispecchiava l’immagine che loro avevano di me. E non solo ne piacevano solo alcune, ma spesso vi era il rifiuto di tutte le altre. Chi mi vedeva tenera respingeva l’idea che io potessi essere passionale o misteriosa.
Così è sempre stato. Gli altri acquisiscono un modo di vedermi e la maggior parte delle volte non contemplano neanche l’idea che esistano degli aspetti diversi, addirittura conflittuali. Individuano un ruolo o un’immagine che per loro avrò sempre. Poche e straordinarie sono le persone che comprendono la complessità dell’essere e che ne apprezzano la poliedricità.
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