venerdì 6 aprile 2012

Speed date

Ho provato una nuova forma di shopping: lo speed date. Letteralmente appuntamento veloce, aggiungerei spesso non abbastanza.
E’ una forma di socializzazione organizzata, credo ormai conosciuta da chiunque, in cui gentili signore dovrebbero incontrare affascinanti ometti. Tutto ciò avviene in un tempo dato, ciclico, di sei minuti, durante i quali i soggetti in questione si siedono davanti ad ogni donna per un inizio di conoscenza. Alla fine della serata si dovrebbero indicare delle preferenze a cui concedere la propria mail e numero di telefono. Sei minuti possono essere eterni.
Si sono avvicendati al mio tavolo una serie di esemplari inqualificabili, mi rifiuto di pensare che siano un campione esemplificativo del genere maschile, piuttosto di un film horror di terza categoria. Mi hanno giurato che in altre occasioni è meglio, ho qualche dubbio.
Questi estratti di umanità parallela avevano in gran parte una caratteristica in comune: l’alito fetente. Ora mi domando: ma se sai che devi stare a cinquanta centimetri da delle donzelle non sarebbe il caso di succhiare una mentina? Il panorama triste ma variegato: dal giovane di belle speranze (poche) con una camicia rosa uscita da un armadio anni ’90 all’allevatore della provincia granda, ospite fisso e tutor per i novizi. Il tuttologo, il son pieno di soldi ma vorrei una vita alternativa, l’ancora celibe a 50 anni - con suo sommo rammarico - che forse sarebbe il caso si facesse delle domande e desse delle risposte. Diversi separati tutti uguali: “sai è stata dura ma mi sto rifacendo una vita”, si fossero tumulati era meglio. Ma su tutti vinceva l’impiegato di una comunità di recupero per malati mentali, di cui temo sia stato il primo paziente, che con sguardo vitreo e mano tremolante affermava: “sai, è parecchio che volevo partecipare, ma dovevo prepararmi, mi piace arrivare pronto”. Avendo esaurito la pazienza forse la mia risposta non è stata troppo diplomatica: “dovevi finire il ciclo di psicofarmaci?”.

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